Artista indipendente, Rognoni si avvia per un percorso solitario lontano dalla seduzione delle nuove avanguardie, che peraltro propongono forme a lui ben note già dagli anni ’30 (Licini, Melotti, Veronesi, Soldati), elaborando il suo mondo alla continua ricerca di un linguaggio personale. È un periodo questo di ripensamenti durante il quale egli alterna e sviluppa modalità di diverse culture; da quella francese di Matisse e Dufy, a quella tedesca di tendenza espressionistica di Beckmann, Grosz e Dix estendendo il proprio interesse anche a Chagall e Kokoschka. Alla fine della guerra mondiale Rognoni si trova in una situazione conflittuale: da un lato è spinto da una forte motivazione a partecipare, con la propria opera, ai movimenti politici e sociali, dall’altro, a causa della sua visione tendenzialmente pessimistica, profondamente colpito dall’evento atomico, ritiene esaurita la funzione dell’arte e della pittura in particolare, specie quella di cavalletto. È più propenso all’idea della funzione della pittura murale riconoscendone l’efficacia così come esposto nel 1933 dal Manifesto della pittura murale (Campigli, Carrà, Funi, Sironi). |