Ma le ironie, le doppie lune, gli orecchini, i cappelloni, i bandeaux? Non vorrei far di Rognoni un artista, per intenderci, sironiano (sì, anche Sironi non ignorava l’arguzia, ma la sua era un’arguzia cupa, provvisoria, “complicata”). Rognoni che tanto ammirò e ammira Sironi, è anche drammatico, ma assolutamente non soltanto drammatico. La vita entra intera nella sua opera, e dunque col dramma vi entra la commedia. Si pensi alle opere più complesse e complete di Rognoni: fogli da leggere, tanto son densi di annotazioni; ed avverti allora, mentre l’occhio corre, i passaggi di tono, dal lieve al sarcastico, dal grottesco all’arguto, dall’ilare al severo, fino ad arrivare, attraverso il brulichio di fondo (città, nudini, interni, scale, marinai, bar, profili e natiche) al drammatico silenzio del primo piano, al raggelante incontro dei due visi assorti e lontani. E il dramma si frange, ancora una volta. È la cordialità che nasce improvvisa a colmare ogni distanza, il tocco della pace gioiosa, della fiducia nella vita entro lo squallore d’un mondo tragico e ambiguo, la fresca presenza della natura tra le complicazioni d’una vita chiusa nei suoi allarmanti ma ineluttabili egoismi.
(Rognoni. Incisioni dal 1938 al 1974, Libreria Prandi, 1976)
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