Franco Rognoni

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Luigi Cavallo - 1974

Rognoni dipinge un idillio impossibile, ma dubitandolo, sul filo della memoria e da questa entità fluttuante, dal sopravvenire soffocante dei ricordi, si libera un intreccio di altre inquietudini, vertigini che si alzano come polvere da quella camera in disuso. La sua disposizione a osservare, a ripensare, a raccogliere i passaggi più tenui, a scoprire quel certo “anello che non tiene”, gli fa evitare il centro del racconto, preferisce disperdersi su motivi laterali, avviando il quadro a soluzioni spontanee. Città con musici, con alberi, città con chiostri silenziosi, motivi scomparsi senza contropartita: è già questo per Rognoni un primo grado di amarezze; in tali luoghi ormai dispersi i sentimenti diventano un peso, nel tessuto drammatico e amorfo della società. Se il pittore non arriva alla favola come rivolta — le Città invisibili di Calvino — c’è però il sovrapporsi delle idee e delle voci, il complicarsi dei toni raccolti da un solo grande timpano di sensibilità, come in Sans autre lieu que la nuit, della De Céspedes: la notte che rifugia, che piega la fantasia o la annulla.Rognoni è attento al suo buio pieno di vibrazioni, scava, rileva i personaggi con una ineffabilità rara per scelte e per coerenza: contro la ferocia del tempo, e la fretta, la necessità di far presto, sceglie una frequenza di racconto che si interrompe spesso, che indugia su un’immagine futile, su un epigramma, ha piacere di pronunziarlo con appena lievi varianti, e, in fondo, non l’abbandona mai. Anche questo modo irrazionale di fare pittura, la sua dizione facile e provocatoria, corrisponde allo stupore che Rognoni conferisce alle sue figure animate, alla sua umanità che sta sospesa, al confine della realtà, in una sorta di trance.

(Catalogo Galleria Annunciata, 1974)